La bicicletta ci salverà… se usiamo il casco.

Ciclista investita in via per Cernobbio… era così il titolo di quella pagina di giornale apparsa su internet il 25 novembre mezz’ora dopo il mio incidente, io invece ho preferito aspettare un mese prima di sedermi a raccontare quanto accaduto quel giorno. L’emozione era ancora troppo forte per ricordare a me stessa quel momento che ha cambiato totalmente il mio anno sia a livello fisico che sportivo.

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A Superga con Omar Di Felice

Doveva essere per me un bellissimo weekend ciclistico l’ultimo di novembre. Il sabato un’entusiasmante giornata in sella con Omar Di Felice per Mavic a Torino, per testare la tecnologia UST su strada e la domenica una pedalata in compagnia di un bel gruppo di amici a Como.

È il 25 novembre.

Mi sveglio con il solito entusiasmo che precede tutte le mie uscite in bicicletta.

Dopo una bella e sostanziosa colazione, recupero la mia nuovissima borraccia gialla Mavic, il Garmin, la bici e via, verso Villa Olmo, punto di ritrovo con Andrea, Giulia e il gruppo di amici. Arrivata saluto velocemente tutti e partiamo, direzione Porlezza. Non ero così convinta di fare tutto il giro, inizialmente ero un po’ stanca, ma le gambe  con  qualche km di riscaldamento, hanno iniziato a girare cosi bene che dopo l’incertezza iniziale di fare semplicemente una Como – Menaggio, ho deciso di seguire il gruppo.

Dopo uno strappo di salita divertente ed energico verso Croce, proseguiamo diretti alla meta prestabilita. Arrivati a Porlezza, quattro chiacchiere al Bar Italia e un caldo cappuccino per riscaldarci. Dato il bellissimo panorama vista lago, e considerando la giornata dedicata contro la violenza alle donne, decido di fare una foto insieme a Giulia e ad Angela, dove immortalerò per l’ultima volta, senza saperlo, anche la mia amata Canyon. Come sempre tra uno scatto e l’altro e una storia Instagram si fa un po’ tardi. Sudati e infreddoliti rimontiamo in sella. Destinazione Como. Ci vorrà qualche km per tornare a scaldare le gambe. Mentre “corriamo” verso casa, lungo il Ceresio, mi volto cercando i volti di Giulia, Luigi ed Angela, inseguendo Andrea, Emiliano ed Antonio davanti a me. Arrivati a Mendrisio saluto i ragazzi tranne Luigi il quale proseguirà con me fino a Chiasso dove saluterò anche lui. Mi accorgo che è tardi e nel mentre cerco il telefono per chiamare Fabio ed avvisarlo che avrei tardato per il nostro pranzo insieme, ma senza ricevere risposta, proseguo verso casa.

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Porlezza

Con la felicità addosso lasciata da una domenica in bicicletta insieme ad amici e ancora tanta energia nelle gambe, arrivo a Tavernola in direzione via per Cernobbio, quando all’altezza del semaforo di fronte all’Imbarcadero rallento un po’; ho sempre ritenuto pericoloso quel  tratto di strada, sia per gli automobilisti i quali nell’accertarsi di avere la corsia libera, escono mostrando il loro muso a noi ciclisti, sia perché all’altezza del semaforo, le condizioni dell’asfalto sono generalmente sempre un po’ precarie e con la bici si è costretti a prestare particolare attenzione. Sono esattamente li, davanti a quel semaforo, quando vedo una macchina proveniente da sinistra svoltare davanti a me. Pinzo bruscamente  le leve dei freni, lancio un urlo per farmi sentire dall’autista, ma improvvisamente sento strapparmi via con violenza la bici dai piedi. Davanti a me la durezza del cofano prima, il freddo dell’asfalto dopo. Mi rialzo da terra subito, con la sensazione di volere riprendere la bici e tornare a casa, ma il forte dolore alla testa e la visione del sangue colante proveniente dal mio volto, mi fanno ricadere a terra. Sono molto spaventata. Improvvisamente sento dolore per tutto il corpo e molto freddo. Mentre piango sdraiata a terra, sento una voce chiamarmi per nome; qualcuno che mi conosce! Non capisco subito chi è. Le lacrime hanno offuscato le lenti degli occhiali che indosso. È Simone, il Presidente del Team ComoBike, il quale ho avuto modo di conoscere qualche mese prima durante un giro in bici. Grazie a lui e a Roberto A. l’intervento dei soccorsi è stato immediato. Roberto A., amico ciclista, il quale mi aveva avvistata alla rotonda di Tavernola, giusto qualche minuto prima dell’impatto, mi è stato vicino insieme a Simone, rassicurandomi che stavo bene. Penso che non sarà mai abbastanza dire ad entrambi grazie per quanto hanno fatto per me quel giorno e quanto hanno saputo fare i giorni a seguire.

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Mentre ero a terra, sudata e infreddolita, ho sentito l’importanza delle persone accanto. Un vigile del fuoco mi ha coperta con la sua giacca per non farmi sentire freddo, un ragazzo dichiaratosi infermiere mi ha prestato le prime cure. Mi piacerebbe incontrarli oggi e ringraziarli tutti. Credo che sarà difficile dimenticare la paura di quel momento, la sensazione di sentirsi improvvisamente andare via; quella nausea e quel dolore incredibile alle gambe e alla testa.

Subito dopo l’impatto con l’asfalto ricordo di avere urlato continuamente il nome di Fabio. Volevo chiamarlo, parlare con lui e dirgli che stavo bene. Fabio, oltre ad essere il mio fidanzato è un bravissimo medico anestesista e rianimatore il quale si occupa di emergenza sanitaria alle corse ciclistiche; avevo bisogno di sentirmi rassicurata soprattutto da lui sulle mie condizioni di salute. Ricordandomi che in quel momento poteva non essere ancora a casa, ma alla Canottieri Lario, avviso Simone di chiamarlo li. Nell’attesa di vederlo arrivare, sono stata assistita dall’Automedica e dal personale della Croce Azzurra che ringrazio per il lavoro svolto con tanta professionalità. Anche se alcune cose non le ricordo bene di quel giorno, cosi come non ricordo tutti i volti delle persone che mi hanno aiutata, li ringrazio con il cuore, perchè la loro presenza è stata fondamentale. 789CE73A-0309-4531-BCEE-09CF51F011CE

Chi mi conosce sa con quanta gioia vivo il ciclismo e con quanta dedizione pratico attività fisica ogni giorno. Doversi improvvisamente fermare per colpa altrui è stato sicuramente difficile e lo è tutt’ora, perché a seguito della lesione muscolare del quadricipite femorale, la contusione della coscia e del ginocchio sinistro e all’ematoma presente alle gambe, non mi è ancora concesso fare la mia quotidiana attività fisica, ma la fisioterapia che sto praticando quasi tutti i giorni presso Fisio Salute Como e la consulenza medica presso Medcross, mi stanno aiutando a recuperare bene e velocemente. Infine posso dire che nella sfortuna mi è andata molto bene. Oltre a quanto descritto sopra, me la sono cavata con una distorsione di secondo grado al polso destro, una FLC al mento trattata dal Chirurgo plastico Dr. Nespoli per cercare di ridurre il danno estetico, una distorsione ATM destra e un trauma cranico fortunatamente non commotivo.

Generalmente mi piace trovare del positivo in tutte le cose. Anche se è difficile ora, sicuramente questo momento di stop forzato mi ha permesso di stare un po’ di più con la mia famiglia, di prendere la vita meno di corsa facendomi incontrare e conoscere persone meravigliose.  Rimane il dispiacere di aver rotto la mia bellissima bici. Lo so che per molti è solo e semplicemente una bicicletta, ma per me era il ricordo di alcune conquiste, che ora terrò nel cuore. Però se penso che ho rotto tutto durante l’impatto, tutto tranne me, ringrazio chi mi ha protetta. Bici, casco, scarpe.. non ci sono più, ma la voglia di tornare in sella è ancora intatta e forse proprio ora che sono ferma, ne ho più di prima.

In molti in questi giorni hanno cercato di convincermi che il ciclismo su strada è uno sport pericoloso. Sono consapevole di quanto lo sia pedalare sulle nostra strade, specialmente ora. I dati Istat mostrano chiaramente come gli incidenti sono in aumento sopratutto per distrazione e mancato rispetto della precedenza. Fortunatamente però grazie all’uso del casco in bicicletta, i dati mostrano anche come il tasso di mortalità sia in diminuzione. A me è andata sicuramente bene. Ho rotto il casco. Se non l’avessi avuto, non sarei certo qui a raccontarlo.  Vorrei tanto però che quanto mi è accaduto non resti un episodio vano, ma che possa sensibilizzare in qualche modo tutte quelle persone che vedo salire ancora in sella senza indossare un presidio cosi importante, ed insieme ad esse, anche tutti noi, specialmente quando siamo alla guida della nostra auto.

Serve più attenzione, rispetto soprattutto del diritto di precedenza e consapevolezza che in strada non siamo da soli. Che il pedone/ciclista è un utente debole e che dietro ad ogni persona in bici non c’è semplicemente un ciclista, ma c’è soprattutto un uomo, un padre, una donna, una madre.. ci può essere anche un vostro amico/parente e un domani ci potreste essere voi, vostra moglie, vostra figlia. Il 25 novembre c’ero io!

A seguito di quanto accaduto, non provo rabbia, ma mi sarei aspettata quantomeno una chiamata dalla persona che quel giorno ha sospeso le mie corse, la mia attività in bicicletta e con esse la mia felicità, il mio lavoro e mi è spiaciuto molto che non l’abbia fatto.

È passato un mese da quel giorno, ma non ho trascorso un momento senza smettere di pensare ai miei prossimi obiettivi sportivi e a quella che sarà la mia prossima bicicletta nuova.

Vorrei ringraziare chi dal giorno dell’incidente in poi si è dedicato a me, a chi mi ha contattata e a chi mi scrive semplicemente per chiedermi come sto.

Grazie a chi quel giorno c’era e c’è ancora. A chi mi pensa scrivendomi: “Francy ci manchi in bici!”.

A tutti voi dico: GRAZIE!

Ci vediamo presto…

in sella.

 

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2 risposte a "La bicicletta ci salverà… se usiamo il casco."

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